I black bloc servono a voi

Voi chiamateli black bloc, e starete generando rabbia che può anche sfociare in violenza. Voi, che gambe accavallate mentre sedete comodi su poltrone dei salotti buoni della politica, siano essi i privè di palazzo o quelli di propaganda a mezzo televisivo, pensate di avere il dovere di commentare da genitore apprensivo. Voi, quelli che “anche io alla vostra età...”, “ai tempi in cui io contestavo...”, “quando anch'io scendevo in piazza a protestare...” e perciò “capisco la vostra rabbia, ma...”. A voi che vi presentate come la normale evoluzione del contestatore e voi che perciò stereotipate chi protesta e la protesta stessa; a voi che la etichettate, le affibbiate un marchio e poi la giudicate; a voi la rabbia che in piazza può assumere forme di violenza fa comodo per fingere dialogo ed imporre il vostro modello di lavoro, di università, di scuola, di società.

Sì perché, ad esempio, lo scorso 14 dicembre, nelle strade di Roma a manifestare, non c'erano studenti medi e basta; non c'erano universitari e basta; non migranti e basta; non solo i terremotati aquilani, né solo precari. Erano in piazza tutti insieme per reclamare dei diritti negati. Persone diverse e pezzi differenti di società, accomunati da due elementi almeno: l'impossibilità a progettare ed anche solo pensare un futuro, e la riduzione delle loro istanze a problema di ordine pubblico.
Negli ultimi anni, ed in particolare con il governo Berlusconi e Roberto Maroni a capo del ministero dell'Interno, ogni manifestazione è stata considerata solo sotto l'aspetto dell'ordine pubblico. Dalle contestazioni sull'apertura di nuove discariche smorzate con l'uso della forza, fino alle manifestazioni studentesche caricate dalle forze dell'ordine, passando per gli sgomberi forzati di presidi di lavoratori e le manganellate ai terremotati aquilani, la garanzia di ordine pubblico è stata l'unica risposta di un potere politico sordo. Dimostrazione esplicita di questa considerazione fu data qualche mese fa, quando Maroni annunciò l'assurda intenzione di impedire manifestazioni in prossimità di monumenti (di cui l'Italia è piena) e di centri commerciali (sparsi nelle periferie cittadine).
Si mostra in tutta evidenza l'autismo politico di una classe dirigente incapace di trovare soluzioni alle istanze sociali del Paese, che addirittura si rifiuta di ascoltare. Basti l'esempio più esplicito di questi giorni e cioè l'arroganza del ministro Gelmini nei confronti degli studenti e dei ricercatori contro i quali inveisce ormai da due anni, e quella del presidente del consiglio che giudica di cattivo esempio chi contesta la riforma di scuola e università per il solo fatto che si manifesti, perché “gli studenti veri stanno a casa a studiare”.

Gli esempi da seguire sono a casa, magari zitti, che aspirano al massimo a quella sicurezza personale che trova risposta nelle parole d'ordine “più polizia”, “meno immigrati”, “più telecamere”, “meno centri sociali”. Esempi funzionali di uno Stato che ha abdicato da qualsiasi ruolo di interesse realmente pubblico, prima di tutto di protezione sociale e che, come ricorda Bauman, trova legittimità solo nella protezione della sicurezza individuale sempre sottoposta a presunte nuove minacce. “I governi, spogliati di gran parte delle loro capacità e prerogative sovrane dalle forze di globalizzazione che non sono in grado di contrastare – e meno ancora di controllare – non possono far altro che scegliere con cura i bersagli che sono presumibilmente in grado di contrastare e contro cui possono sparare le loro salve retoriche”, scrive il sociologo polacco in Vite di scarto.

Ecco, quell'insistenza sui famigerati black bloc in azione, che continua ad andare in scena dopo la manifestazione del 14 dicembre dcorso, serve a far passare in secondo piano tutte le rivendicazioni sociali, coperto da quella violenza mediaticamente esaltata al fine di dare al governo un'autorità che ha perduto ed ha rinunciato a cercare in altri contesti.

La resa di conti dei voti utili

Si poteva immaginare che alla fine Berlusconi ed il suo governo avrebbero potuto farcela. E ce l’hanno fatta, per poco, per soli 3 voti: 314 deputati hanno respinto la sfiducia al governo; 311 hanno votato per mandare a casa l’esecutivo.
Si poteva prevedere come sarebbe andata a finire, lo si intuiva dalle uscite di Berlusconi che negli ultimi giorni era riapparso nelle TV e sui giornali, dopo giorni di semilatitanza.

Corsie sessiste

La scelta dei regali non è cosa facile. Non è solo questione di indovinare e mettere insieme una serie di criteri per quella specifica persona. E comunque già valutare i gusti, pensare agli eventuali hobbies, chiedere magari se quell’oggetto quella persona ce l’ha già, e poi quanto spendere, e ci faccio o no una bella figura, sarà troppo o troppo poco, l’anno scorso cosa ho ricevuto da lei/lui che mica puoi regalare la stessa cosa e nemmeno che sia troppo simile, ecc. ecc., è già abbastanza stressante. Con chi posso, me la cavo con un buon libro. In quel caso il tempo che trascorro nella scelta mi è spesso utile, perché mi trovo a valutare più attentamente testi che non ho letto ancora, mi stimola la curiosità e quindi le future letture.
Ma poi ci sono i regali da fare ai bambini e lì le cose sono anche più complicate.

Sicurezza sul lavoro: cartellino giallo per l'Italia?

Era il 5 agosto del 2009 quando in Gazzetta Ufficiale n. 108 è stato pubblicato il D.Lgs. n. 106. Quel decreto, eufemisticamente definito di integrazione e correzione del T.U. della sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/08) approvato dal governo Prodi, è stato la riscrittura operata dall'esecutivo di Berlusconi delle norme in materia, a discapito dell'effettiva tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

Un minuto da detenuto e già mi sentivo soffocare

Mi sentivo il respiro affannato ed ero nella piazza principale della mia città. A Vasto, davanti al palazzo che fu dei marchesi D'Avalos, con ingresso sulla piazza e vista opposta sul panorama del golfo, guardavo una stanzetta di poco più di 6 metri quadri e sentivo l'aria mancare. Una specie di leggera claustrofobia di cui mai ho sofferto. Mi ero affacciato nella riproduzione a grandezza naturale di una cella carceraria. Dentro, ad "arredare" 3 metri per 2 e mezzo, tre letti a castello, un gabinetto con solo una tendina a fingere una separazione ed un po' di privacy, un lavabo e pochi oggetti essenziali.
Like us on Facebook
Follow us on Twitter
Recommend us on Google Plus
Subscribe me on RSS