«Io e mia moglie speravamo
almeno nel suo stipendio. E invece…». Così esprime la disillusione per una riconversione fallita
dello stabilimento Golden Lady di Gissi (Ch), il marito di una delle
lavoratrici in presidio permanente davanti ai cancelli della fabbrica, dove
fino a maggio 2012 si producevano le calze Golden Lady. Quel marito è anch’egli
in cassa integrazione da molti mesi, e cosa ne sarà della sua azienda, la Sider Vasto, anch’essa fino a
pochi giorni fa presidiata dai lavoratori, non lo sa.
Il 25 novembre 2011 la Golden Lady chiude i battenti.
I macchinari, usciti senza troppo rumore dallo stabilimento di Gissi, sono
stati trasferiti in Serbia. Lì la mano d’opera costa molto meno e lo
sfruttamento può essere portato a livelli più alti, senza troppe noie per il
patron Golden Lady, Nerino Grassi. La disperazione delle lavoratrici e dei
lavoratori è stata per un periodo attenuata, quando a maggio dello scorso anno
ci fu la tanto attesa riconversione. Alla Golden Lady, nello stabilimento di
Gissi, sono subentrate la Silda Invest S.p.A. e la
New Trade S.r.l. La società di Nerino Grassi
favorì questa grottesca e finta riconversione, pagando alla Silda 10.800 € per ogni
lavoratore assunto (in realtà era l’incentivo all’uscita volontaria che Golden
Lady offrì a dipendenti), ed affidando gratuitamente il capannone alla New
Trade, per sette anni. Golden Lady ha così sottratto il suo marchio all’infamia
di aver lasciato a casa quasi 400 persone. Ma è chiaro che dell’attuale
disperata situazione nella quale si trovano i suoi ex dipendenti, la Golden
Lady ha la sua parte di responsabilità.
E la situazione attuale è peggiore di quella di un anno e
mezzo fa, quando la Golden Lady
chiuse definitivamente la fabbrica di Gissi. Allora, nella situazione pure
drammatica, c’era il sostegno della cassa integrazione, poi la prospettiva
della mobilità, ed anche l’incentivo all’uscita volontaria di 10.800 euro: una
miseria guardando al futuro, ma comunque un piccolo polmone per tirare avanti
qualche tempo. Oggi, davanti alle lavoratrici ed ai lavoratori Golden Lady
(senza ‘ex’, come dicono molte lavoratrici, perché senza riconversione la Golden Lady non può sottrarsi
dalle sue responsabilità), si para un futuro nero: lunedì 15 luglio sono stati
costretti ad iscriversi alle liste di mobilità, per non perdere anche
quest’unico ammortizzatore sociale rimasto nelle loro possibilità.
Ecco quello che rimane di una riconversione mai davvero
esistita, ma della quale in troppi si sono riempiti la bocca. Nessuno
dimentica, ad esempio, che il PDL affisse manifesti in tutto il territorio,
arrogandosi i meriti di posti di lavoro che allora, ai più, sembravano salvi.
Si era in odore di campagna elettorale; chissà cosa si inventeranno per le
elezioni regionali abruzzesi che si terranno tra qualche mese. Di quella fantomatica riconversione rimane
solo la disillusione di quasi 400 lavoratrici e lavoratori, dopo mesi di
duro lavoro che, dal racconto di chi era stato momentaneamente ricollocato, era
al limite dello sfruttamento. Mesi in
fabbrica a ritmi altissimi, spesso senza protezioni e senza stipendio.
In questi mesi, la New
Trade ha subito anche il sequestro dei materiali da parte
della Guardia Forestale. Non solo: è anche capitato che i dipendenti, pure
senza stipendio da mesi, andando al lavoro, si sono anche ritrovati i cancelli
chiusi. Intanto la Silda
mostrava sempre più la propria fragilità. Raccontano infatti i lavoratori in
presidio, che la Silda
non solo non ha pagato alcuni stipendi, ma è debitrice anche nei confronti dei
fornitori ed oggi ha addirittura alcune utenze staccate dal gestore.
È ovvio chiedersi quali verifiche abbia svolto il ministero dello Sviluppo Economico,
quando affidò la riconversione a queste due società. Possibile che non si siano
accorti della loro inaffidabilità, ormai palese agli occhi di chiunque? Perché nessuno ha monitorato il rispetto
degli accordi di riconversione? E ancora, i soldi che la Silda ha ricevuto da Golden
Lady, i 10.800 € che ogni dipendente Golden Lady sacrificò per di fatto
comprarsi il nuovo posto di lavoro, che fine hanno fatto? Si tratta di circa 2,5 milioni di euro che nessuno sa dire a
quale titolo siano stati offerti alla Silda, in che voce di bilancio sono
finiti e come sono stati impiegati.
Risposte che devono essere date a quasi 400 lavoratrici e
lavoratori (ex?) Golden Lady, finora presi in giro. Intanto loro, a turno,
presidiano lo stabilimento, affinché dalla fabbrica non escano materiali, e
soprattutto macchinari. Ora le sorti di chi era stato ricollocato in Silda e di
coloro che erano stati reimpiegati in New Trade devono riunirsi. I padroni,
dicono alcuni lavoratori, erano riusciti a creare tensioni e divisioni. Ma ora
c’è di nuovo tutta l’evidenza di essere sulla stessa barca: se questa affonda, affondano tutti.
Perciò occorre remare tutti nella stessa direzione. Insomma, fa notare molto
giustamente una lavoratrice, o si lotta
uniti tutti insieme o tutti insieme inevitabilmente si perde.
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