«Una persona che non legge e legge poco, o legge solo immondizia, può parlare molto ma dirà sempre poche cose perché dispone di un repertorio minimo ed inefficiente. Non è solo limitazione verbale. È anche limitazione intellettuale. Incapaci di pensare e riconoscere perché le idee, i concetti mediante i quali ci appropriamo della realtà esistente e dei segreti della nostra condizione, li respiriamo leggendo».
Come insegna oggi Zagrebelsky e prima di lui altri che hanno discusso di democrazia e rapporti tra individui e di comunicazione (penso ad esempio alla Arendt, ma anche a Orwell), la conoscenza è una delle basi sulle quali la democrazia dovrebbe essere costruita.
Una democrazia, per essere tale, ha bisogno di cittadini che possano esprimersi e dialogare tra eguali, inteso, in questo caso, come tra pari nelle possibilità di espressione. Che non vuol dire semplicemente esercizio di un diritto, ma appunto, disponibilità di parole e di strumenti di analisi tali che quelli di uno non possa prevaricare quelli dell'altro. Quando così non è, chi conosce di più avrà sempre in pugno chi conosce meno che potrà, pertanto, essere manipolato a piacere e interesse del primo. Come potrà, ad esempio, un cittadino con un limitato repertorio di parole e di strumenti di analisi, difendersi dalle insidie della neolingua che non esiste solo nella fantasia di Geoge Orwell?
Una persona forzosamente tenuta nell'ignoranza, costretto a causa di essa ad accettare qualunque cosa (o quasi) gli venga propinata e perciò alla fine rassegnato a delegare qualunque decisione ad altri, potrà essere considerata ancora un cittadino, inteso come membro di una collettività e portatore di diritti e doveri? La sua condizione non sarà piuttosto simile a quella di un suddito, sottomesso all'autorità di classi superiori ben attente a mantenere una lunga distanza culturale dalle classi svantaggiate?
Allora, se vorremo riconquistare la dignità di cittadini che andiamo perdendo un pezzetto per volta, dovremo innanzitutto ripartire dall'educazione, dalla difesa della cultura prima ancora, forse, che dell'informazione ridotta ormai a cronaca e gossip di potere. Significa oggi, ad esempio, lotta per la difesa della scuola e della ricerca; del principio di autoformazione; di miglioramento delle condizioni economiche dei lavoratori, tali da garantire l'accesso ad una cultura che non sia ridotta a merce.
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