Quando da certi ambienti senti pronunciare la parola ambientalista, ti accorgi che l'uso che ne viene fatto è dispregiativo. O comunque è considerata un aggettivo peggiorativo. Se la lingua italiana lo permettesse, direbbero probabilmente "ambientalaccio" o "ambientalastro".
Soprattutto quel significato è dato ogni volta che un'associazione, un partito e anche un gruppo di cittadini senza precisa collocazione organizzativa oppongono dei No ad un progetto considerato dannoso per l'ambiente e la salute pubblica. Si tratta del modo più semplice per bollare negativamente un movimento senza il fastidio di dover argomentare le proprie ragioni.
Propongono una cava marina nel bel mezzo di una riserva naturale e tu dici No? Sei un ambientalaccio. Vogliono costruire una centrale termoelettrica a ridotto di un'area protetta e ti opponi? Sei un ambientalaccio. Ti dicono di voler costruire un enorme inceneritore nel tuo paese e dici che è una follia? Sei un ambientalaccio. Perchè? Perchè, dicono, non hai la capacità di guardare al bene della comunità; perchè, a loro dire, saresti un egoista che pensa solo al proprio benessere; perchè, sostengono, non sai guardare oltre il tuo orticello; perchè, in pratica, soffriresti della sindrome NIMBY (not in my backyard, non nel mio cortile).
E' quello il modo più immediato e facile per contrapporre a dei razionali No, gli interessi particolari di qualcuno. Parrebbe strano: accusare di nimby intere comunità, per difendere gli interessi di quei pochi che sono in qualche modo legati al progetto. Parrebbe strano, ma non lo è, in contesti dove libertà significa possibilità di fare quel che ti pare (in genere goduta da chi ne ha i mezzi) e dove il significato di profitto privato viene strumentalmente tradotto in promessa di benessere per molti (in genere si tratta di un miraggio). Fare della speculazione su queste basi è fin troppo facile, sia che parliamo di speculazione meditica, che di quella economica e politica.
Ed è proprio la speculazione ad accomunare persone di ambienti che litigano alla luce del sole, ma si stringono la mano in stanze buie ed ovattate. Basti pensare a come capitani d'industria o aspiranti tali accusino la politica di lassismo o di eccessi burocratici a seconda dei casi, ma di come poi si ritrovino a parlare la stessa lingua quando si accingono ad aprire una nuova megadiscarica in un piccolo parco.
Tutto avviene sulle teste di cittadini che si vorrebbero sempre ignari e proni ed ai quali viene negata la possibilità di essere sovrani dell'utilizzo consapevole e sostenibile del proprio territorio. La terra viene di fatto sottratta alla popolazione, sottomessa alle decisioni di qualcuno che decide della possibilità di respirare aria pulita in una determinata area, di poter coltivare o meno dei terreni, di poter pescare oppure no in un certo tratto di mare ed in pratica di poter scegliere come abitare un territorio.
Non sono i cittadini a soffrire della sindrome "nimby". Sono, semmai, troppi amministratori e troppi imprenditori a soffrire del morbo "aimby", per il quale si arrogano il diritto a poter decide sulle teste di una popolazione che vive in un territorio, "come fosse il mio cortile" (As If it were My BackYard). Aimby, appunto.
Nimby? No, Aimby. E non riguarda i cittadini.
Posted by Carmine Tomeo
Posted on 8.11.10
with 3 comments
Post interessante, perché di tutto questo si parla troppo poco.
RispondiEliminaDiciamo che in genere se ne parla in un senso solo, e non è quello della tutela dell'ambiente e della salute.
RispondiEliminaThhanks great blog post
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