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Giorno 1 del mese di maggio: un giorno qualsiasi per morire sul lavoro



Il Primo Maggio è festa di ricordo delle lotte dei lavoratori per la conquista dei diritti. È un giorno per rivendicare con più forza i diritti di oggi. Ma se sei solo, i diritti devi averli per rivendicarli. Ché il padrone è più forte di te; ché lui ha i soldi che ti servono per pagare l’affitto e per mangiare; ché lui ha i mezzi che ti servono per lavorare e perciò è lui, il padrone, che decide se comprare le tue braccia e quando usarle. E se sei solo e se hai bisogno di lavorare, lui, il padrone, può pure decidere di comprare le tue braccia e di farle lavorare il giorno 1 del mese di maggio, che per lui, per il padrone, non è Primo Maggio.

E perciò il giorno 1 del mese di maggio per tanti lavoratori è spesso un giorno come un altro. Di quelli che bisogna alzarsi presto la mattina, vestirsi ed uscire per recarsi al lavoro. E non sono nemmeno in pochi quelli costretti al lavoro nel giorno di festa dei lavoratori. E va bene che c’è da garantire dei servizi essenziali: la pubblica sicurezza, l’energia, la salute. Ma che c’entra con queste cose il centro commerciale aperto, i ristoranti aperti ed pure i cantieri aperti? Cosa c’è da garantire, a parte i profitti di quei padroni che hanno comprato braccia da far lavorare pure il giorno 1 del mese di maggio? Niente.

Così, siccome per il padrone non è Primo Maggio, ma solo un giorno come un altro di un mese qualsiasi, capita pure che c’è chi al lavoro ci va e a casa non ci torna, perché precipita dai più classici 10 metri di un impalcatura qualunque montata in un anonimo paesino della provincia de L’Aquila. Una “normale morte bianca”; la classica morte bastarda alla quale non si danno colpevoli, di un lavoratore che sarà solo un morto in più da aggiungere in fredda statistica, di quelle che ci si può pure rallegrare pubblicamente se a fine anno registra un numero di morti un po’ piccolo rispetto all’anno precedente.

E invece era Primo Maggio, giorno di festa dedicato ai diritti dei lavoratori, quando Vasile Copil, operaio romeno di 51 anni è morto nel cantiere nel quale stava lavorando, ammazzato da un lavoro con sempre meno diritti, sempre più precario, sempre più merce da usare anche il giorno 1 del mese di maggio.

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