Votare sì, tra stanotte e domani, all’accordo su Mirafiori, significa il suicidio del mondo del lavoro. Anzi, dei lavoratori, per essere più precisi. Perché su quel contratto si gioca una partita prettamente politica, che mira, da parte padronale, alla riduzione di diritti che dovrebbero essere considerati perni della civiltà del lavoro e della civiltà umana più generale.Abolire de facto il diritto allo sciopero, costituzionalmente garantito ma impedito da un assurdo accordo che ha visto protagonisti una gran parte sindacale (tutti i confederali, tranne la Fiom), non può essere considerata una scelta per la competitività aziendale. Se ai lavoratori viene meno la più importante forma di lotta per le proprie rivendicazioni, non significa che le auto del gruppo Fiat diventeranno più appetibili ad un mercato che oggi le respinge. Il valore aggiunto di una Bravo non cresce con la riduzione dei diritti dei lavoratori, mentre a ben guardare quanto avviene fuori dai confini italiani, è evidente il contrario e cioè che le auto a più alto valore aggiunto (quelle cioè che consentono maggiori utili) sono prodotte laddove i salari dei lavoratori sono più alti (vedi Francia e Germania) e più basso nei Paesi dove i lavoratori sono più sfruttati. E sarebbe ingannevole fare un paragone a livello di produttività dello stabilimento di Mirafiori (o di Pomigliano, o qualsiasi altro in Italia) con la Cina, il Brasile o la Polonia per giustificare un aumento dei ritmi di produzione, la riduzione delle pause o lo spostamento a fine turno della pausa mensa. E’ addirittura banale sottolineare che produrre una utilitaria cinese ed una Ferrari non è esattamente la stessa cosa. E’ perciò da pazzi anche considerare che un riposizionamento di Fiat nel mercato dell’auto mondiale, ma anche europeo, possa avvenire con un incremento di produzioni di auto a basso valore aggiunto, in un contesto di saturazione del mercato, tanto che già mesi fa il presidente di Ford lanciava l’allarme soprattutto per l’Italia.
Un ricollocamento, quindi, che non è garantito dalla riduzione dei tempi di pausa, né dallo spostamento della pausa mensa, né tanto meno dall’imposizione ai lavoratori di 120 ore di straordinario obbligatorio all’anno. Non regge nemmeno il discorso relativo all'assenteismo per malattia (pretestuoso già nei termini utilizzati), soprattutto nel momento in cui si parla di un tasso di assenteismo per Mirafioei da riportare sulla media nazionale del 3,5%, mentre oggi sarebbe intorno all’8%. Ma a leggere la quinta indagine del Centro studi di Confindustria sul mercato del lavoro nel 2009 il tasso medio di assenteismo a livello nazionale sarebbe invece pari 7,8% . Lo stabilimento Fiat di Mirafiori, quindi, sarebbe in linea con la media nazionale. Né la giustificazione di un accordo di questo tipo può essere dato dalla necessità di riduzione dei costi del lavoro. Questi, infatti, pesano sul costo di produzione dell’auto per non più dell’8%. Di quanto si pensa di poter ridurre il costo del lavoro? Parlare di una riduzione del 10% significherebbe già sottoporre i lavoratori a sacrifici imepnsabili, eppure anche così si avrebbe una riduzione del costo del prodotto di un misero 0,8%. Pertanto, visto che «il costo del lavoro rappresenta il 7-8 per cento … è inutile picchiare su chi sta alla linea di montaggio pensando di risolvere i problemi». Perché quest’ultima frase è tra virgolette? Perché sono parole di Marchionne in un’intervista del 21 settembre 2006 rilasciata a La Repubblica. Ma Marchionne, a quanto pare, ha la memoria corta. Il fatto è che quell'amnesia fa comodo a troppi.
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Un Marchionne dalla memoria corta fa piu' comodo
Posted by Carmine Tomeo
Posted on 13.1.11
with 3 comments
non posso che essere d'accordo con l'articolo
RispondiEliminasaluti
la morte della contrattazione collettiva, delle democrazia sul lavoro, e dei diritti.
RispondiEliminaSecondo me è il maglione, gli incasina il cervello.
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